
Prese la palla di collo pieno, con il destro, e la sfera di cuoio partì come un missile, andando a gonfiare la rete.
Il portiere iniziò a lamentarsi, ma ad Archibald non importava se la "colpa" fosse dei difensori: lui era l’attaccante dei Boots, e un attaccante deve segnare… e lui lo aveva appena fatto, svolgendo al meglio il proprio dovere.
Era felice: lui, unico giocatore dei Boots ad avere la pelle scura, giunto da poco da una piccola squadretta straniera e sconosciuta, aveva appena fatto il suo primo goal del campionato, e per di più proprio nel derby!
Poi si accorse che erano pochi, i compagni che festeggiavano... e che il portiere appena batutto, insieme agli altri giocatori della squadra avversaria, si stavano arrabbiando con lui, per il goal appena siglato.
C'erano forse giocatori a terra, durante l'azione? Controllò il campo con lo sguardo, ma non c'era nessun infortunio, quindi non aveva tenuto - neppure in modo involontario - un comportamento anti-sportivo.
Archibald era certo di non essere stato neppure lontanamente in fuorigioco, ma per sicurezza si voltò ad osservare il guardalinee, che però aveva ancora la bandierina abbassata: tutto bene, nel segnali calcistici questo significava che il goal era valido.
E, in effetti, lui sapeva bene di non aver commesso nessun fallo né alcuna irregolarità.
L'arbitro si avvicinò portando una mano al taschino e - dopo un attimo di titubanza - estrasse il cartellino giallo e glielo mostrò. Archibald era perplesso:
"Cos'ho fatto di male?" gli chiese, mentre attorno si assiepavano tutti i giocatori avversari, oltre ad alcuni suoi compagni. Non aveva neppure esultato in maniera scomposta, come fanno alcuni, quindi proprio non si spiegava questa ammonizione!
"Hai segnato" risposero tre o quattro in coro, mentre altri lo guardavano schifati.
"E' proprio senza ritegno…" commentò a mezza voce un terzino avversario a qualche metro, scotendo il capo, e vide l'ala destra dei Boots annuire dolente.
"State scherzando, vero?" domandò l'attaccante abbozzando un sorriso, ma si accorse subito che lì nessuno si stava divertendo.
"Ma lei sa chi sono io?" chiese il portiere, piccolo e con una pancetta insolita, per un giocatore di calcio professionista.
Archibald allora capì: non ricordava precisamente il suo nome completo, ma veniva chiamato "Insuperabile", perché si diceva che non avesse mai preso neppure un goal in tutta la sua carriera.
In realtà tutti sapevano perfettamente che aveva già incassato parecchie reti, ma i commentatori sportivi fingevano sempre di scordarseli, e così questa nomea di portiere imbattibile si era consolidata nel tempo.
Allora ricordò quello che gli aveva detto il compagno di stanza, nel ritiro pre-campionato:
”Tieni a mente di non segnare mai all’Insuperabile: sarebbe solo tempo perso, e poi te la farebbe pagare cara…”
Archibald quel giorno ci aveva riso su, pensando di aver capito male la nuova lingua che stava imparando, oppure che potesse essere uno strano scherzo. Ma ora non ne era più tanto sicuro…
Alcuni giocatori della squadra avversaria (più D’Alamo, il fantasista tanto acclamato dal presidente dei Boots) ora avevano circondato il guardalinee, per convincerlo ad alzare finalmente la bandierina. L’uomo vestito di nero sembrava indeciso, ma – almeno per ora – la teneva ancora inclinata verso il terreno erboso.
“Ma sei deficiente?” sussurrò ad Archibald il capitano dei Boots, prendendolo in disparte “si può sapere che cosa ti è venuto in mente? Vuoi che ci annullino metà dei goal che abbiamo segnato finora in campionato?”
Archibald, che iniziava a sentirsi inspiegabilmente in colpa, sollevò lo sguardo verso il proprio capitano:
“Non capisco… come farebbero ad annullarci dei goal di partite già finite?”
“Sei proprio ingenuo: l’anno scorso a due partite dalla fine del campionato hanno azzerato tutti i goal di sinistro, solo perché l’Insuperabile ne aveva appena preso uno, ricalcolando i risultati delle partite già giocate e calcolando una nuova classifica! Vieni, devi dire all’arbitro che hai stoppato la palla con la mano, così ci annullano solo questo…”
“Ma… non è vero!” obiettò Archibald.
“Chi se ne frega se è vero o no! Non vedi il pubblico?”
Gli spalti non erano gremiti, ma c'era comunque parecchia gente, equamente divisa tra tifosi dei Boots (con sciarpe rosse) e quelli dei Liberty Island (con vessilli azzurri). Che i tifosi dei Liberty si lamentassero, Archibald poteva anche accettarlo, ma che persino alcuni supporter dei Boots (non tutti, per fortuna) gli stessero urlando degli insulti questo no, non riusciva proprio a capirlo.
“Senti: non voglio rischiare la vita perché tu ti sei messo in testa di segnare” gli disse il capitano “ricorda cos’è successo l’anno scorso alla Virtus…” e Archibald si rammentò di quella squadra, non fortissima ma agguerrita, che nella trasferta contro i Liberty aveva rotto i freni del pullman, facendo un brutto incidente: per fortuna nessuno si era fatto troppo male, ma la squadra di casa aveva vinto per 3-0 a tavolino, dato che gli avversari non si erano presentati in campo per tempo.
L’arbitro dissipò il ricordo di Archibald, chiamando a sé il giocatore di colore:
"Non si può più segnare di piede all'interno dell'area di rigore: il goal è annullato” esclamò a voce alta, scatenando l’apprezzamento di quasi tutti i giocatori in campo “anzi, vista l’infrazione gravissima, concedo un calcio di rigore a Liberty Island!”
“Ma questa regola non sta ne in cielo né in terra!” urlò Archibald, manifestando tutto il proprio disappunto per questa situazione assurda, ma smise immediatamente di protestare quando l’arbitro mise di nuovo la mano al taschino dei cartellini, con fare minaccioso.
“Non è esplicitamente presente nel regolamento ufficiale” chiarì l'uomo col fischietto, con fare paterno e comprensivo, sistemandosi meglio il colletto della maglia ”ma è tacitamente contenuta nel comma 3 della norma 56 del codice sportivo”.
“Ne siete sicuro?” balbettò l’attaccante di colore.
“Assolutamente” confermò l’uomo che gestiva la partita.
Intanto Nick Tower, l’altra punta dei Boots, fece un cenno ad Archibald:
“Tranquillo, ci siamo passati tutti. E se non fai il balordo, a fine stagione ti compri anche tu una Ferrari. Come credi che abbia fatto a permettermi la villa a Saint Moritz? L’anno scorso ho sbagliato tutte le occasioni che ho avuto contro i Liberty, e non ho dovuto neppure chiedere nulla: il mio conto in banca è miracolosamente lievitato!”
Intanto Youngard, il giocatore più scarso dei Liberty, aveva appena calciato il tiro dal dischetto e segnato. E, proprio mentre i giocatori in azzurro esultavano per la marcatura, l’arbitro fischiò la fine della partita.
“Ma… mancano ancora venti minuti!” sottolineò Archibald.
“E’ il golden goal” spiegò Tower.
“N-no, è una regola che non esiste, in questo campionato...”
“Esiste, esiste…” disse l’arbitro sorridendo mentre passava di lì, dirigendosi soddisfatto verso gli spogliatoi “quando servono, le regole esistono e noi le rispettiamo”.
Adesso Archibald era a bordo-campo da solo, defilato e triste, e osservava il pubblico festoso.
“Che i Liberty Island rubino per vincere il campionato, non lo accetto ma lo capisco” pensava tra sè “e che i Boots si vendano le partite per guadagnarci dei soldi, pure questo lo comprendo, anche se mi disgusta. E probabilmente anche arbitri e federazione sono corrotti. Ma voi, tra il pubblico, come fate ad accettare tutto questo?”
Alla televisione, nel solito programma sportivo serale, l’Insuperabile commentò:
”Ero sicuro che avrei parato tutto anche questa volta, e sono certo che sarò ricordato come il miglior portiere degli ultimi 150 anni...”
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