C'era una volta un cane molto intelligente e sensibile, di nome Desmond, che aveva un'abilità particolare: come tutti i bracchi aveva un olfatto estremamente sviluppato, ma il suo era talmente affinato che sapeva annusare persino i sogni. E così la specialità di Desmond divenne quella di ritrovare i sogni smarriti dalla gente.
Se, per esempio, un uomo aveva smesso di sperare di avere un posto di lavoro fisso, Desmond fiutava il suo desiderio, partendo dai call center dove il ragazzo aveva iniziato a lavorare, per poi passare dalle aziende - tristi e spietate - che lo avevano voluto solo con contratti di pochi mesi, per poi seguire la pista e giungere finalmente alla ditta seria e onesta, dove l'uomo sarebbe stato davvero assunto, realizzando finalmente il proprio sogno.
Se una ragazzina si sentiva brutta e indesiderabile, Desmond fiutava i suoi sospiri, partendo dallo specchio del bagno o dal letto della sua camera (dove lei piangeva silenziosamente quasi ogni notte) e, inseguendo queste tracce con il naso a terra, il bracco la portava fuori dalla propria casa, sotto al cielo azzurro e tra gli alberi sussurranti, in un bel parco, dove la ragazzina incontrava un ragazzo sveglio e sensibile che - nonostante fino a un secondo prima stesse leggendo attentamente un libro - ora pareva fosse lì solo per conoscere lei.
Non c'era nessun sogno, per quanto piccolo, strano o ormai quasi sopito, che Desmond non riuscisse a percepire: che fosse quello di diventare ballerina, o di imparare a suonare il pianoforte, di vedere l'India, di reincontrare un vecchio amico, o di trovare il coraggio per dire finalmente “ti amo”.
Certo, Desmond non realizzava TUTTI i sogni: alcuni erano semplicemente ormai impossibili da compiere, come per esempio dire qualcosa a una persona già morta. Ma c'erano anche sogni banali, superficiali, che non riflettevano realmente le aspirazioni e le passioni delle persone. Molti si lamentavano di Desmond, dicendo “ecco, io sogno sempre di comprare il biglietto vincente della lotteria, e questo stupido bracco non mi guida mai dentro a un tabaccaio”, ma Desmond sapeva benissimo che quello in realtà non era DAVVERO il loro sogno: quello era solo un palliativo, il riflesso di un desiderio sciocco, che forse avrebbe aiutato la persona, ma di certo non l'avrebbe resa né felice né più completa, né tanto meno appagata.
Desmond era in grado di realizzare solo i sogni VERI, quelli della parte più profonda dell'anima: magari semplici (mangiare una pizza al tramonto, in riva al mare, con la propria famiglia riunita al completo) oppure apparentemente irrealizzabili (navigare su un veliero in mezzo a una tempesta!), ma che riflettevano realmente le aspirazioni di ciascuna persona.
Eppure, un giorno, Desmond non riuscì a fiutare nessuna traccia. Certo, questo gli era già successo anche in passato: le persone assolutamente felici – e ce ne sono tante al mondo, anche se magari non riescono del tutto a comprenderlo – non hanno nulla da desiderare, oltre a quello che già hanno, vivono e sono. Ma questa ragazza, di nome Nerita, non era felice: era bella, ma aveva gli occhi tristi, come un quadro che è stato troppo tempo al sole, i cui colori si sono sbiaditi. Desmond fiutò Nerita con estrema attenzione e pazienza, eppure non riusciva a sentire nessuna traccia. O meglio: sì, percepiva una vaga, lievissima, quasi inconsistente parvenza di sogno, ma era qualcosa di così etereo e flebile che non riusciva né a definirla né tanto meno a seguirla. Inoltre Desmond non capiva il motivo per cui, ogni volta che provava ad allontanarsi dalla ragazza, perdeva anche quella lievissima traccia: pareva quasi che quella speranza, debole come un fantasma a mezzogiorno, non avesse neppure la forza di allontanarsi da Nerita.
Per due giorni Desmond se ne stette lì, cercando di cogliere una sfumatura, un riflesso, un aroma di sogno, ma niente: nessun desiderio. Eppur lui sentiva forte e acre l'odore stagnante della tristezza più palpabile e profonda: come poteva Nerita, in quella situazione, non avere dei desideri?
Poi, all'alba del terzo giorno, Desmond sorrise – sì, i cani sanno sorridere, ma con la coda – e finalmente capì il problema: Nerita era talmente sfiduciata, triste e avvilita, che si sentiva del tutto svuotata, priva di qualsiasi speranza.
Il suo sogno, semplicemente, era quello di tornare ad avere sogni.
La soluzione di Desmond fu fin troppo facile: ringhiò alle paure che, come un'ombra, avviluppavano il cuore della ragazza, e queste scapparono, ritornando nell'oscurità della notte. E subito degli odori buonissimi raggiunsero il magnifico naso del bracco, che riconobbe il profumo della vita: finalmente Nerita aveva ripreso a sognare.
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