Ho costruito un muro di “chissenefrega”.
A dispetto di qualsiasi previsione, il muro regge perfettamente.
E serve davvero a tenere lontano il dolore (perché è chiaro che è questo il suo scopo, no?).
Il dolore e la paura.
Paura di soffrire.
Ancora.
Solo che poi, a un certo punto, questa barriera non riesce più a contenere tutto quello di cui “non-me-ne-frega-niente”.
Il muro non crolla, eh. È più come un Vajont dei sentimenti: qualcosa traballa e cade, in cima. E tutti quei “chissenefrega” vengono semplicemente scavalcati dalla realtà, che trascina tutto con sé: frustrazione, solitudine, amore, paura, ansia, rancore, desiderio.
Insomma, è la semplice e banale vita che esonda un muro di paure represse e cementate.
E a quel punto i sentimenti non possono che scendere verso valle, dove c'è il cuore, che sente arrivare questo vento impetuoso di tempesta, ma che non può fare nulla per proteggersi o fuggire.
O forse semplicemente non vuole.
Ma si può veramente scappare dalla vita?
Mi piacerebbe ostentare una glaciale sicurezza, eppure… nascondere, anzi, appiattire i sentimenti davvero non serve? È così sbagliato cercare di barattare la tristezza con l'apatia, per soffrire meno?
Per il cuore, l'indifferenza è come la televisione: eterna e piatta, serve a non capire, a spegnersi. Non fa male.
Certo non fa neanche bene.
Non fa nulla.
La tristezza invece è un velo pesante e quasi palpabile, omogeneo, terribile: ti scava, ti annichilisce, ti annienta.
Non si può combattere, si può solo subire.
Quindi forse un suo senso - per quanto assurdo - questo vallo ce l'ha: quello di livellare gioia e dolore.
Sì, è vero, li appiattisce verso il basso, in un nulla.
Un magnifico nulla.
Dove non c'è dolore.
Se non giochi, non puoi perdere.
E poi?
Poi si ricomincia da capo: una paura per volta, si rimette tutto a posto, in ordine, dietro a una nuova diga, più alta e più sicura. E che quindi ovviamente straborderà esattamente come la precedente, con l'unica differenza che trascinerà con sé ancora più timori.
Tanto il cuore sarà sempre lì, pronto a soffrire come e più di prima.
E se anche non sarà pronto, sanguinerà comunque: è quello il suo ruolo.
Che poi tutte queste paure si riassumono in un'unica, banale considerazione: tu potresti essere perfetta, ai miei occhi. Forse per ora non lo sei - perché ti voglio tenere lontana, dove non posso neppure vederti o pensarti - ma mi rendo conto che potresti esserlo: perfettamente dolce, sensibile, intelligente, bella e fiera.
Io no: ai tuoi occhi non potrò mai esserlo.
Mai.
È questa la terribile e insanabile differenza.
È questa la separazione.
La sentenza.
La paura.
Io posso amarti, incondizionatamente, per sempre. E se non dovessi farlo, sarebbe mia la colpa. Tu invece non puoi amarmi. Non per sempre. Non me.
Ma forse è proprio questa la chiave: perché si ama qualcuno nonostante ciò che è, e non proprio per tutto quello che è? È possibile amare anche i difetti, le insicurezze, la bruttezza, le paure, i sogni (anche quelli irrealizzabili)?
Magari è davvero questo il fondamento della vita: vedere le debolezze - semplici e nude - e amarle per quello che sono, ossia parte di un tutto.
Ying e yang, annuirebbe un esperto di filosofie orientali.
Sì, lo so: non si tratta del rovescio di una medaglia, ma di capire che è la stessa moneta. Non una faccia bella e una brutta, ma un unico viso, dove entrambi i volti coincidono sovrapposti.
Niente di nuovo, eppure questi pensieri di speranza mi fanno sognare, per un breve istante, come un bagliore di crepuscolo tra la notte e la notte: tu sei così speciale da riuscirci?
Io sono così speciale da meritarlo?
O piuttosto: ho qualcosa di speciale, che merita di essere visto per com'è davvero?
E se – semplicemente – tu fossi magnifica e io no?
Mi sembra di cadere da sempre.
Non riesco a smuovere i macigni della paura, per rimettermi in gioco.
Troppo da rischiare, troppo da perdere.
Di nuovo.
E il mio cuore scuote il capo: “per carità, basta, abbi pietà di te!”
Tu e io, due mondi diversi.
Forse un orizzonte simile, ma con destini differenti.
O comunque separati.
Come il lupo e il falco.
Anzi no: come Quasimodo e Esmeralda.
Un amore a senso unico non può portare a niente di buono.
Peggio ancora: averne la conferma sarebbe straziante.
E quindi?
Facile, si ricomincia pazientemente con i mattoni e la calce, in una moderna, idiota, inespugnabile, ridicola Linea Maginot dei sentimenti.
Che forse cadrà al primo timido assalto, lo so.
Ma intanto io, nel dubbio, poso un altro mattone.
E se anche fosse sbagliato, chi se ne frega.
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