Le onde del mare fluivano lente, quiete, allentando i sensi con il loro sciabordio costante e malinconico, nel caldo tropicale della spiaggia.
La sabbia era rovente e abbagliante, ma a due passi dalla battigia si alzavano le frasche verdi e umide della foresta, come braccia elevate al cielo che sembravano adorare il sole, o forse invocare un’agognata pioggia di frescura.
Solo gli insetti parevano a loro agio, in quel clima esasperato e contraddittorio: moscerini, vespe, cavallette, piccoli ragni laboriosi, nessuno di loro sembrava patire la calura afosa né l’umidità asfissiante.
La casa era in ombra sotto le fronde, sul limitare della costa; dava quasi l'impressione di fuoriuscire naturalmente dalla selva, come se in quel punto gli alberi avessero spontaneamente deciso di crescere con quella forma e dotarsi di porte e finestre.
L’uomo era in piedi sulla soglia della capanna, fermo, e guardava verso il mare. I capelli corti, biondi come la barba appena accennata, ondeggiavano per la lieve brezza oceanica, ma tutto il resto ora sembrava immobile. Indossava una camicia candida e fissava l’orizzonte marino, non come qualcuno che aspetta, ma anzi, come chi sa perfettamente che non arriverà più nulla. La mano fuoriuscì dal lino dei pantaloni e scese lenta, senza un pensiero cosciente, verso la testa del pastore tedesco al suo fianco; l’animale restò con la lingua a penzoloni e mosse dolcemente la coda, senza però perdere neppure un briciolo della concentrazione con cui osservava nella stessa direzione del padrone.
Il suo pelo al tatto appariva lungo, lanoso e fluente. Il suo profumo era amichevole, così come quello secco della spiaggia arroventata dal sole, e lo stesso valeva per l’aroma polveroso del legno su cui si erano sparse alcune manciate di granelli di sabbia e salsedine, e per l’odore selvaggio delle foglie ampie e scure della vegetazione.
Tutto sapeva di buono.
La luce del sole era perfetta.
Aprì gli occhi: la sabbia dorata rimase impressa per un istante sulla sua retina, poi scomparve anche l’ultimo riflusso di onda e gli apparve il muro bianco della stanza. L’uomo non era in piedi, ma su una sedia a rotelle, poggiato sul sedile rigido e sudato di pelle scura. Ai suoi piedi stava seduto un cane, ma non era il pastore tedesco, bensì un bel meticcio dal muso simpatico, che iniziò immediatamente a scodinzolare con frenesia non appena sentì su di sé lo sguardo dell’uomo.
Il vecchio indossava una canottiera pulita, ma che mostrava i segni dei molti giorni vissuti sulla pelle dell’uomo, proprio come i muscoli che ancora indicavano le vestigia dell’antica forza, ormai però quasi svanita.
Un ventilatore ronzava incessante, mentre in lontananza si coglieva la chiacchiera indistinta e monotona di una televisione. Nell’aria c’era un profumo stantio di verdure lesse e vaga sporcizia, ma anche l’invitante fragranza di un dolce appena sfornato.
L’uomo sorrise e la sua mano rugosa prese dal comodino il biglietto dell’aereo: l’isola lo aspettava, e anche il cane e il mare lo stavano attendendo da tanto tempo. Non c’era più nessun motivo di farli aspettare. E, se anche ci fosse stato, il tagliando riportava una data e un’ora che non era possibile modificare.
Tutto era pronto per la partenza.
“Buon viaggio” disse il vecchio al cane, che lo guardava felice “ci vediamo dopo”.
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