L’arcimago Baldaras morì la notte di mezz’estate, nella sua torre affacciata sul porto di Meranzia. Poco prima di esalare l’ultimo respiro, l’incantatore chiamò a sé i suoi figli, spiegando una bizzarra clausola del proprio testamento: solo chi avesse raggiunto “il cuore stesso della vita, per assaporarne il nettare”, sarebbe entrato in possesso del Cuorubino, la meravigliosa gemma che da tre secoli apparteneva alla sua famiglia.
Il figlio maggiore, Rùgmar, trascorse la propria esistenza provando a distillare un elisir che racchiudesse in sé il soffio vitale di Terraferma: si diede alla necromanzia e alle arti più ambigue ed oscure, cercando di animare i defunti e di prolungare la giovinezza.
Divenne emaciato e maleodorante come un cadavere e iniziò a provare avversione per la luce del sole. Quando la natura dei suoi esperimenti divenne palese, fu scacciato dai suoi stessi concittadini, e per poco non fu linciato sul posto. Alla fine spirò solo e derelitto, ucciso dalla creatura morta che era finalmente riuscito a riportare alla vita, sebbene per pochi istanti. Il suo corpo venne bruciato e le sue ceneri disperse nel vento, e quasi nessuno lo compianse.
Il secondogenito, di nome Lìnnar, era uno dei pochi a tormentarsi per la sorte del fratello maggiore, che non era riuscito ad impedire. Eppure pensava che Rugmar avesse del tutto travisato la richiesta del loro genitore: Linnar difatti approfondì gli studi degli argomenti più in voga a quel tempo, dalla filosofia alla pittura, dall’ingegneria all’architettura. Progettò palazzi e dipinse affreschi, fece scoperte e scrisse poesie, divenne ricco, viaggiò in ogni angolo di Terraferma ed ebbe molte amanti. Dopo aver visitato la biblioteca più grande di Rilost ed essere stato ospite nel letto della splendida principessa di Kedhjna, morì senza rimpianti, ma solo, lontano dal proprio paese e dalla sua famiglia.
La sorella più piccola, Elània, studiò gli argomenti che le erano graditi e viaggiò di tanto in tanto, imparando anche a fermarsi nei luoghi che visitava e ad intrattenersi con le persone che incontrava lungo il cammino. In una di queste occasioni conobbe un uomo e si innamorò di lui: lo sposò ed ebbe dei figli, che crebbero sani e felici. Dopo molti anni di vita florida e serena Elania morì, circondata dall’affetto e dall’amore di amici e parenti: fu seppellita all’ombra della vigna che aveva piantato in gioventù, completamente in pace con sé stessa. All’alba del mattino seguente, tutti poterono vedere che sulla sua tomba era incastonato un rubino grosso e lucente, che nessun ladro riuscì mai a staccare.
Da quelle viti ancora oggi si ottiene il miglior vino di tutta la Piana d’Argento, il Cuorubino, che alcuni chiamano anche “Nettare di Terraferma”.
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