Il braccio putrefatto emerse brusco dall’erba, con uno scroscio di terriccio sul freddo marmo della lapide. E così, senza alcun motivo, senza la benché minima spiegazione logica, i peggiori incubi sui morti viventi diventarono improvvisamente realtà.
L’unica cosa certa era che queste creature dell’oltretomba non uccidevano gli uomini per bere il loro sangue o mangiarne le carni, ma per cibarsi solamente del loro cervello fresco.
Don Antonio non ci voleva credere: come potevano esistere queste creature né vive né morte, nel disegno di Dio? E quando la porta della sacrestia si infranse sotto i colpi dello zombie, il prete non fece altro che alzare disperatamente la croce d’oro che portava appesa al collo, e mormorare qualche balbettante parola di preghiera. Ma il mostro non ebbe pietà né rivelò il minimo tentennamento: affondò i propri denti marci nel collo pallido del sacerdote e gli strappò la giugulare, per poi spaccargli a forza il cranio e mangiarne la materia organica.
Rolfo invece era preparato: si era barricato in casa con i suoi fucili e intere scatole di munizioni. Quando i cadaveri viventi varcarono la sua soglia, furono accolti da roboanti e furiose raffiche di pallottole, eppure nulla sembrava fermarli: si avvicinarono passo dopo passo, finché gli furono addosso: la creatura più vicina gli strappò a forza la testa e iniziò a succhiare il midollo dalla sua colonna cerebrale; poi gettò il capo mozzato per terra, per spaccarlo come una noce di cocco, e tutti si cibarono del cervello di Rolfo, sparso a pezzetti sul pavimento.
Luigi era da solo nella piccola cabina di legno, e non aveva nessuna arma. Tra le dita tremanti reggeva solo una piccola e inutile matita. Incredulo e terrorizzato, vide l’essere ripugnante avvicinarsi, e la cieca paura gli bloccò tutti i muscoli, lasciandolo immobile, come un agnello sacrificale. Il non-morto lo raggiunse, gli rivolse uno sguardo famelico, e aprì le fauci maleodoranti e acuminate… poi si allontanò, lasciandolo vivo e indenne. Ansimante e stupefatto, Luigi guardò lo stretto vano di legno dove si trovava, poi la matita che ancora stringeva con forza tra le nocche bianche, e infine il foglio, su cui aveva appena tracciato una “X”.
Come poteva averlo salvato, quella piccola croce di grafite?
Eppure il mostro non si era accanito su di lui, non gli aveva mozzato la testa né sbattuto violentemente il cranio contro qualcosa, per sfamarsi con il suo cervello.
Luigi continuava a guardare, esterrefatto, le due piccole linee incrociate, che aveva appena tracciato su un piccolo simbolo, tondo e colorato, dove erano tracciate poche parole: “Popolo della Liberta. Berlusconi Presidente”.
Chiaramente Luigi non aveva nulla da temere.
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