La lotta tra i giganti durava da giorni, tra rocce in frantumi e frastuoni roboanti, finché un enorme masso fu scagliato con tale forza da far crollare il Faraglione delle Aquile, che si sbriciolò in mille pezzi e rovinò in mare.
Fu un miracolo se nessun pescatore perse la vita in quella frana o se nessuno morì nell’improvvisa e altissima onda che investì la costa e il porto di Turrisia.
Ma i problemi per la città e i suoi abitanti erano appena iniziati…
Il faraglione, infatti, per secoli aveva protetto Turrisia dai forti venti che giungevano quasi incessanti da sud, e ora i moli, le mura, gli edifici e i vicoli della cittadina erano spazzati da folate intense e ossessive, che non davano mai tregua.
Le colture iniziarono ad avvizzire e il bestiame si ammalò; il vento era così forte, burrascoso e incostante che spesso le navi non riuscivano neppure a uscire dal porto e a prendere il largo, e se pure qualche marinaio abile e temerario ci riusciva, la navigazione restava comunque difficile e rischiosa.
Così il Conestabile della città, Fuster dei Braccolesti, decise di far costruire un altissimo muro di cinta, che oltre alla città racchiudesse anche i campi coltivati, gli allevamenti e persino il porto, proteggendo tutta la regione dal vento. Ma i muratori non riuscivano a lavorare in mezzo a quei turbini, le pietre rotolavano, la calce seccava troppo presto, e le folate abbatteva le pareti appena erette. Insomma, nonostante il loro duro impegno, né i soldati e né i manovali riuscirono a edificare la barriera pensata dal Conestabile.
Allora il grande mago Aloisto Verdepupilla suggerì di richiamare a Turrisia tutti gli incantatori della Piana d’Argento, della Falia e persino delle regioni remote oltre la Selva Nera, e tramite loro concentrare tutto il potere del Respiro Arcano per ricostruire il faraglione crollato.
Fu impressionante vedere quelle pietre levarsi dal mare e provare a ricompattarsi nel nulla, sopra alle onde: lo sforzo di decine e decine di fattucchiere e stregoni, maghi e incantatori, provocò stupore e ammirazione nella popolazione della città, ma sassi, pietre e fango ogni volta ricaddero rovinosamente in mare. Alfine, il grande mago si arrese: il faraglione era crollato e nessuno sarebbe riuscito a rimetterlo in piedi.
Fu Sal Grigianube, un giovane grimo che lavorava come garzone in una bottega di panettiere, a trovare la soluzione efficace, che risolse il problema di Turrisia una volta per tutte: dapprima sull’entroterra, dove la corrente era meno violenta, vennero erette decine di mulini a vento, che incanalarono la forza delle correnti aeree, attenuandole un poco. Poi le stesse costruzioni – di tutte le forme e dimensioni – vennero innalzate sempre più vicine alla costa, e infine anche sui moli del porto e persino sulle navi. Anche i bambini contribuirono a convogliare le brezze, innalzando una moltitudine di aquiloni colorati. E fu così che piano, un poco alla volta, il vento si arrese e, pursenza mai smorzarsi, venne imbrigliato e mitigò i propri danni.
Non solo i turbini – smorzati dagli aquiloni e incanalati dalle pale dei mulini – diminuirono grandemente di intensità, ma questo potere venne trasformato in energia: ciò che i buoi faticavano a fare, ora lo svolgevano degli aratri meccanici; se le colture soffrivano ancora per il freddovenivano riscaldate da dinamo a vento; poiché le navi avevano comunque bisogno di opporsi agli improvvisi mutamenti dell’aria, i loro remi erano mossi da nuovi macchinari basati sulla rotazione delle pale dei mulini, custruiti direttamente sui ponti delle imbarcazioni… e così era anche per tutti gli altri contrattempi della città!
Come recita ancora oggi l’incisione ai piedi della statua bronzea di Sal Grigianube, nella piazza principale di Turrisia:
quando si alza un forte vento
gli sciocchi innalzano un muro
i saggi erigono mulini a vento
e i bambini giocano con gli aquiloni.
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