Era la prima volta che un omicida, già arrestato e condannato, lo assumeva per un'indagine.
Cyrus Spezzalini si sistemò meglio sulla scomoda panca di legno del penitenziario. Era diviso dall'assassino da una larga tavolata e da una parete di vetro, ma alcuni fori (grandi quanto il buco di un piccolo calibro, notò il detective) permettevano loro di comunicare.
Sospirò, prese dalla tasca dell'impermeabile la scatoletta di metallo che conteneva i cigarillo e ne prese uno: lo portò alla bocca e stava per accendere un fiammifero, quando fu fermato da una voce dura alle sue spalle:
"Qui è vietato fumare"
Spezzalini si voltò al rallentatore, come se questo gesto gli costasse una certa fatica. Lanciò un’occhiata di superiorità alla guardia carceraria e, sbuffando con una lentezza esasperata, rimise via il piccolo sigaro. Infine tornò a prestare la propria attenzione all'uomo anziano al di là del vetro:
"Quindi, mister Emersson, fatemi capire: voi siete l'assassino, e volete che indaghi su di voi e sulle vostre vittime?"
Il vecchio aveva profonde occhiaie e i capelli bianchi erano radi e scompigliati. Si sfregava le mani con nervosismo:
"Signor Spezzalini, io ho l'alzheimer. Spesso non ricordo i nomi delle persone, non capisco dove sono, non rammento cosa sto facendo. Adesso sono in un buon momento, ma la prossima volta che ci vediamo potrei non sapere chi siete. Ma, per rispondere alla vostra domanda: sì, due anni fa io ho ucciso. Ma non so perché, né come ho fatto, e nessuno ha mai neppure ritrovato i corpi delle vittime. Non interi, almeno. Prima che la mia mente perda completamente conoscenza, vorrei almeno capire cos'ho fatto e perché. Ho da parte qualche risparmio e non ho eredi: mi pare un buon modo per spenderli" e sorrise amaramente.
Spezzalini ascoltava con un orecchio solo: metà del suo cervello era in preda ad una frenetica ansia da fumo, ma lì dentro non poteva accendere i suoi amati cigarillo.
“Lei però non mi sembra un assassino” notò Spezzalini.
“All’epoca ero al primo stadio della malattia e per combatterla prendevo un farmaco, il Mnemon. Tra gli effetti collaterali c’erano la sonnolenza e, l’ho scoperto al processo, improvvisi attacchi d’ira”
Spezzalini pensava ancora al suo sigaro e tagliò corto il dialogo:
"Avete i soldi, avete detto. Questo a me basta. La mia tariffa la conoscete, vi farò sapere l'esito delle indagini" e si alzò, accennando un saluto.
Il vecchio restò seduto, inumidendosi le labbra. Aveva lo sguardo perso di un cucciolo abbandonato.
Era notte inoltrata, ma il sonno tardava a venire. Cyrus si versò nel bicchiere una razione abbondante di amaro dei frati di Tollbury, poi si sedette stancamente e aprì il fascicolo "Omicidi Del Bosco".
Assaggiò un sorso di liquore, si accese un cigarillo e iniziò a leggere.
La vicenda non era per nulla complicata: Luka Emersson aveva fatto a pezzi due suoi vicini di casa, i coniugi Del Bosco. I corpi di Icaro e Frida non erano più stati trovati, ma non c’erano dubbi sulla loro morte: furono trovati brandelli di carne di varie dimensioni e almeno sei litri del loro sangue, sparsi per tutta la casa. A trovarli era stata loro figlia Sandy, allora diciassettenne, al rientro da scuola. Le ricerche della polizia all’epoca si concentrarono molto anche sulla ragazza, visto che era l’unica ereditiera dei due coniugi assassinati, ma le prove a carico di Emersson erano schiaccianti: venne trovato insozzato di sangue, con una mannaia e un trinciapollo (della sua cucina) sporchi di vari umori corporei e schegge di ossa. E tutti i materiali organici erano riconducibili (tramite il DNA) a Frida e Icaro Del Bosco. Il vecchio aveva scorie della loro pelle sotto alle unghie e non aveva un alibi. La giuria lo aveva condannato dopo poche ore di discussione, nonostante Emersson non avesse alcun movente significativo per uccidere i suoi vicini: bastò l'effetto collaterale del Mnemon.
Spezzalini chiuse il fascicolo, finì l’ultimo sorso di amaro sul fondo del bicchiere (il sigaro era terminato da parecchio tempo) e si stropicciò gli occhi: era stanco, ma sonno gli era passato del tutto.
Prese una coperta, mise nel lettore il dvd di un film che conosceva a memoria (una commedia inglese) e si stravaccò sul divano, nella speranza di addormentarsi senza sognare efferati omicidi e fiumi di sangue.
Scese dalla propria automobile e si avviò verso il villino: avrebbe chiesto a Sandy, la figlia della coppia assassinata, di fare quattro chiacchiere. Se questo non avesse prodotto alcun risultato, avrebbe rinunciato all’incarico restituendo l’anticipo al signor Emersson. Perché questo non era neppure un”cold case”, piuttosto poteva definirsi un “freezer case”: un’indagine vecchia e inutile, di cui si conosceva già il finale.
Arrivò a casa della ragazza, che ora aveva diciannove anni, suonò, attese, ma nessuno venne ad aprire.
Ah, quindi il caso è già concluso? pensò il detective, poi posò l’occhio sulla cassetta delle lettere, da cui sporgeva una cartolina. Senza un vero motivo, la estrasse: nell’era dei social network e degli iPhone, nessuno usava più quello strumento primitivo. Proveniva da Argentea, sullo Yetzin Peak, una regione montana una paio d’ore da Tollbury: la fotografia era una splendida veduta dell’ampia vallata. Il testo era vuoto, completamente: nessun messaggio di saluti, nessuna firma. Il nome e l’indirizzo della ragazza erano scritti in stampatello maiuscolo, in modo quasi asettico.
Cyrus aggrottò le sopracciglia: che senso aveva spedirla senza scrivere nulla né firmarsi?
Spezzalini ebbe un’idea, del tutto priva di originalità, ossia che i due genitori fossero vivi: tutto sommati i loro corpi non erano mai stati trovati. Magari avevano inscenato tutto e ora non potevano comunicare con la figlia con i mezzi tradizionali, e così usavano questo mezzo obsoleto: misero, ma funzionale allo scopo.
La tesi era affascinante, ma priva di qualsiasi aspetto logico: il corpo umano di un adulto contiene circa cinque litri di sangue, nella scena del delitto ne era stata trovata una quantità (certamente dei due coniugi) che non lasciava alcuna speranza di vita. Ed erano stati rinvenuti anche vari brandelli di corpi (un pezzo di gamba, qualche dito, un occhio, vari denti) che non poteva dare adito a congetture diverse dalla morte.
Viceversa la cartolina poteva avere mille spiegazioni plausibili: un gioco o un messaggio tra teenager, una veduta particolarmente significativa di una vacanza (magari auto-speditasi dalla stessa Sandy), oppure la ragazza faceva collezione di cartoline e i suoi amici gliele spedivano.
In ogni caso, era la sola traccia scoperta, quindi Cyrus aveva un solo modo per seguire quel minuscolo indizio: andare ad indagare sullo Yetzin Peak, cominciando proprio da Argentea.
Si diede un paio di giorni: prese pensione alla “Piramide d’Oro” e iniziò a girare il paese di villeggiatura, in una stagione in cui i turisti erano praticamente assenti: era autunno inoltrato, quindi era presto per gli sciatori ma già tardi per gli escursionisti estivi. E non era un weekend, men che meno di bel tempo: il cielo era grigio e minacciava pioggia.
Domandò al fornaio, all’edicola, agli anziani del bar. Non sapeva esattamente cosa cercare quindi chiedeva semplici indicazioni su una coppia che doveva essersi trasferita ad Argentea, o comunque sullo Yetzin, negli ultimi due anni.
Ma pareva che no, pareva che nessuno potesse vagamente corrispondere ai coniugi Del Bosco.
Allora cambiò strategia: si informò sulla presenza delle cassette postali: da qualche parte quella cartolina (che aveva in timbro di Argentea) doveva pure essere stata imbucata!
Fu fortunato: in estate e in inverno, quando il paese era pieno di villeggianti, il Comune installava parecchie cassette postali temporanee, ma in questo periodo turisticamente morto Argentea ne aveva soltanto cinque!
Spezzalini iniziò da quella più isolata: andò nei cottage, appartamenti e malghe di quella zona, chiedendo se un paio d’anni fa si erano trasferiti due forestieri. Dalle risposte che ottenne, l’unico straniero che poteva vagamente somigliare a Icaro Del Bosco era un uomo, stessa età e corporatura, che era andato a vivere in una casa isolata, sul versante settentrionale del monte. Pareva però che fosse uno scrittore di fantascienza, che se ne stava per lo più per i fatti suoi.
L’investigatore andò a trovarlo, ma l’uomo non era in casa o comunque non rispose.
Se è davvero lui, allora non aprirmi è un vizio di famiglia! constatò Cyrus.
Riuscì però a contattare il fattore che, ogni due settimane, gli portava la spesa (lo sconosciuto solitario non scendeva mai in paese).
“Lo scrittore?” chiese conferma il contadino, con un forte accento di paese “mi sembra un tipo a posto. Sì, è vero, non parla molto, ma qui a nessuno piacciono le chiacchiere inutili”
“Ha qualche segno particolare? Che so, gli occhi azzurri o un neo sul viso, un tic…”
Il montanaro scosse il capo, ma fu la moglie a intervenire dal corridoio:
“Ma come no? Perché tu sei uno zuccone e non ti ricordi niente! Solo di andare al bar a bere, ti ricordi, solo di quello!”
La donna si avvicinò minacciosa, poi si rivolse gentilmente a Spezzalini:
“Gli manca il mignolo della mano sinistra… no, non a mio marito: lo scrittore, intendo. Indossa sempre dei guanti per non farlo vedere, ma se si osserva bene si vede...”
L’investigatore privato tornò con passo celere alla propria vettura. Aprì il bagagliaio ed estrasse il fascicolo, lo aprì e rovistò tra le pagine: della moglie erano stati ritrovati vari pezzi (un polpaccio, l’occhio destro, denti) ma del marito, a parte il sangue e vari brandelli di pelle, solo un mignolo della mano!
La polizia arrestò Icaro Del Bosco per l’omicidio della moglie Frida e per svariate altre imputazioni (tra cui occultamento di cadavere) e anche Sandy Del Bosco finì in carcere per favoreggiamento, istigazione all’omicidio e falsa testimonianza: erano stati loro due a ordire la morte della donna e inscenare la scomparsa di entrambi i “cadaveri” (gli altri pezzi di Frida erano stati fatti sparire in un allevamento di maiali). Il tre litri di sangue di Icaro provenivano dai numerosi prelievi che l’uomo si era fatto nel tempo, precisamente al fine di inscenare la propria morte. E lo stesso valeva per i lembi di pelle. Era arrivato persino ad amputarsi un dito, per riuscire a simulare meglio il proprio omicidio.
Luka Emersson venne rilasciato: la sua malattia, che all’epoca del delitto mostrava le prime avvisaglie, era stata sfruttata dal vero assassino per attirare le accuse degli inquirenti. Icaro aveva dato una doppia razione di Mnemon al signor Emersson, che era piombato in un sonno profondissimo, poi lo aveva usato per costruire le varie prove a suo carico. Malattia e fogliettino del farmaco avrebbero fatto il resto.
La figlia Sandy aveva ereditato tutto, per poi spartire segretamente con il padre i due ricchi premi assicurativi.
Spezzalini andò a trovare Emersson, questa volta non al penitenziario bensì in una accogliente casa di riposo. Venne accompagnato da una suora nel giardino della struttura, dove l’uomo sedeva su una panchina al sole. Spezzalini gli sorrise porgendogli “Il fatto di Tollbury” che intitolava con grandi caratteri “Icaro Del Bosco colpevole di omicidio: Luka Emersson era del tutto innocente”.
Dopo due anni di galera, con il terribile rimorso di aver ucciso una coppia e rovinato al vita di una ragazzina, almeno adesso il signor Emersson avrebbe potuto riacquistare un po’ di serenità.
Il vecchio lesse con attenzione, poi guardò il detective con un’espressione dubbiosa:
“Perché mi mostra questa pagina? Ci conosciamo?”
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